C'è un istante durante alcune giornate in cui qualcosa di sospeso, di astratto, come sganciato dal tempo, si impossessa di me. E' un attimo, un'invisibile carezza, come un battito d'ali o il passaggio di un angelo. E' un istante che dura poco, ma che è. Come se tutto intorno si fermasse.
Ho sempre pensato che questa sensazione fosse una cosa mia, invece sbagliavo la prospettiva: in realtà sono io ad appartenerle. Nella maggior parte dei casi mi capita al mattino molto presto o verso l'ora del tramonto. Sono i momenti in cui mi commuovo più facilmente, in cui anche un piccolo particolare si fa notare, fa sentire la sua voce. Capita d'estate, quando il cielo azzurro inizia a diventare indaco e si vedono le prime stelle bianche e gialle. O d'inverno, quando si accendono le prima luci delle case, delle macchine, dei lampioni. Non importa dove sono. Mi commuovo anche se mi trovo in autostrada. E allora in quell'attimo, seduta dentro l'auto, può accadere che anche il percorso di una goccia d'acqua su vetro conduca a me, come se stesse scivolando sulla mia anima.
Poi, lentamente, dopo questa sospensione eterea in cui sono risucchiata, torno in me. La pelle diventa nuovamente confine, separazione, divisione. E io torno ad essere me stessa, il mio nome, la mia età. In quel momento inizio a pensare a me e alla mia vita. Al mio tempo, alla donna che sono diventata, che in fondo non è altro che la conseguenza della bambina che ero. Sono, come tutti, la somma di un numero infinito di persone, quelle che sono stata nel corso della mia vita.
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