Ci hanno raccomandato di parlarne nelle scuole, i nostri ministri. Perché gli insegnanti italiani, da soli, non ce la fanno a pensare che si, se esplode una bomba davanti ad una scuola uccidendo, è il caso di spiegarlo, ai nostri ragazzi. Spiegare cosa, poi. Già. I nostri governanti se lo saranno chiesto anche loro. Con perfetto stile italiano, tuttavia, nello sgomento del dolore il dovuto silenzio è stato subito coperto dal chiacchericcio delle interpretazioni. E' stato quello, forse è stato quell'altro; la mafia non agisce così, il terrorismo, il terrorismo internazionale; forse che si, forse che no. Quello che siamo in grado di spiegare ai nostri ragazzi - grazie, ministri, facciamo da noi - è che il mondo è diviso in due parti. Da una parte c'è il bene, dall'altra il male. Il male è decidere di uccire, di uccidere innocenti, per avere il predominio con la forza, per seminare terrore e far sì che la gente si senta sottomessa ad una paura dai contorni indefinti che ti convince di essere inferiore. Dall'altra parte, invece, c'è la gente. Che è superiore. Che ogni giorno si sveglia e va a compiere il proprio dovere, con onestà e semplicità, senza cedere a compromessi, mai. Il male teme il bene. Perché se tutti si convincessero che comportamenti onesti e legali non possono essere piegati dalla prepotenza bieca di chi agisce con la violenza e nell'ingiustizia, se tutti scegliessero di stare dalla parte del bene, non ci sarebbe poi tutto questo spazio per il male.
I ragazzi delle scuole sono il futuro. Che loro, ognuno di loro, scelga di stare quotidinamente dalla parte del bene, questo spaventa. Caro ministro, noi glielo diciamo ogni giorno ai ragazzi che devono scegliere di stare dalla parte del bene. Glielo diciamo quando parliamo loro di Falcone; ebbene si, l'ho preceduta, signor ministro: ne avevo già parlato, in classe, di Falcone. Ma glielo diciamo quando litigano per le piccole cose che accadono fra i banchi, quando sono arrabbiati e vogliono vendicarsi, quando credono di aver subito un'ingiustizia e chiedono il perché. Tutte le volte diciamo loro che devono scegliere di stare dalla parte del bene.
All'improvviso, però, sono spuntate queste immagini. Chiarissime, dicono. Che escluderebbero la pista mafiosa per relegare l'attentato di Brindisi a gesto isolato di un folle. Quindi, possiamo anche non parlarne più? O meglio, fino a domattina dovremmo dire: è morta una vostra coetanea, è stato bruttissimo ma la bomba l'ha messa un cazzone quindi non ce ne dobbiamo più preoccupare. Volete questo, vero, signori ministri?
Ebbene, no. Noi non ci lasciamo convincere dalla verità bella e pronta come i minestroni surgelati che volete propinarci ogni volta. Noi domani, come ogni giorno, continuiamo a pronunciarla la parola MAFIA. Che significa potere occulto basato sulla violenza e l'intimidazione che mira ad ottenere ricchezze e incolumità seminando panico, minacciando, estrocendo, e lasciando la gente nell'ignoranza della verità. Glielo diciamo, ai ragazzi, che devono combatterla la mafia. Perché vuole ucciderli. Per impedire che loro costruiscano una società migliore.
Ma i nostri ragazzi non hanno paura. Sappiatelo. E se voi, cari ministri, volete tranquillizzarli dicendo che il pazzo è stato arso al rogo, noi ripetiamo loro le parole del giudice Falcone. Visto che, caso strano, la bomba è stata messa davanti ad una scuola che portava il suo nome. Falcone ci ha detto che "la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito a proteggere". E se qualcuno, particolarmente sveglio, ne dedurrà che la colpa è dello Stato, noi risponderemo si. Perché uno Stato che si rispetti non può permettere che i suoi ragazzi saltino in aria andando a scuola. Che i suoi giudici muoiano senza che se ne conosca l'assassino. Che i suoi operai caschino giù dalle impalcature senza potersi più rialzare. Che i suoi imprenditori si uccidano schiacciati dalla crisi. Se lo Stato tutto questo lo permette, non assomiglia forse troppo alla mafia?
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