venerdì 30 agosto 2013

Quando posso guardo le stelle

Quando posso, guardo le stelle. Sparpagliate a caso su un velo di cielo. Ognuna con una sua logica. Le osservo e leggo i motivi del viaggio. Perché lì è scritto il segreto. Ognuna ha più risposte, arrotolate dentro le punte. A volte parlo da solo rivolgendomi a loro. Certe sere ne ascolto la voce che si nasconde fra il canto delle cicale e il traffico della vita. No, non parlo di astrologia e nemmeno di astronomia. Dico solo che se alzo la testa riesco ancora a meravigliarmi. A mettere in fila tutti i miei sogni. Associare un nome ad ognuna di esse. Illogicamente convinto che le parole possano arrivare a quelle quote luccicanti. Quando posso, amo le stelle. In silenzio, durante il concerto dei pensieri notturni. Mi concedo ai loro occhi perché credo alle affinità dei corpi distanti. Solfeggio lo spartito che formano gli astri-note sul pentagramma appeso in aria. La stessa che respiro in assenza di te. La stessa che mi manca quando m’invadi gli occhi. Ad un solo passo dalle mie fantasie più elementari, dalle paure d’amore ipocondriache. Quando posso, invento le stelle. E le tengo qui, sopra casa, per darmi la spinta ad uscire dall’apnea del mondo. Sorrido e rincuoro le lucciole che non ce la fanno a volare così in alto come le loro sorelle spaziali. Che non hanno intermittenze né mani che le possano catturare. Forse è per questo che non si sono ancora spente. Quando puoi, dai un’occhiata alle mie stelle. Fa che non gli manchi la terra da illuminare sotto i piedi. Altrimenti si sentono inutili. Come certi arcobaleni senza stupore. Certi amori senza coraggio.

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